Ogni uomo è un Mondo Possibile?
Articolo per Festival della Complessità 2023 (https://www.festivalcomplessita.it/ogni-uomo-e-un-mondo-possibile/)

Una domanda provocatoria, una domanda per riflettere insieme.

Innanzitutto chi è l’uomo?

L’uomo è figlio del cosmo – ricorda Morin – e: “ognuno di noi porta in sé particelle nate agli inizi dell’universo, atomi forgiati dal cuore ardente delle stelle anteriori al nostro Sole, molecole formate sulla terra o atterrate da aereoliti, antenato/i di unicellulari, poi eucarioti pluricellulari, poi animali, pesci, anfibi, rettili, mammiferi, primati. Portiamo in noi la storia del cosmo e quella della vita, ma ne siamo separati dall’originalità della nostra cultura, del nostro linguaggio, della nostra coscienza” (Morin, 2018)

In questa immagine di uomo, così dipinta da Morin, si scorge il fluire della vita, l’ontogenesi che ricapitola la filogenesi se vogliamo dirla con Haeckel, il rapporto uomo-natura-universo, il microcosmo nel macrocosmo, il corpo come mandala dell’universo. E in tutto quel rincorrersi di parole a descrivere la vita, il limite delle parole stesse a poterne descrivere la realtà, il limite sensoriale umano nel poter vedere la vera realtà del mondo così com’è. È allora il dialogo con l’irrazionalizzabile sempre usando parole di Morin o l’ampliamento del campo di conoscenza verso all’immaginario e l’ignoto per dirla con Frigoli, che permette alla mente di cogliere intuitivamente l’ologramma, la forza archetipica in-formatrice della vita.

“Per entrare in contatto con la verità profonda delle cose – dice Frigoli (2022) – che va al di là del loro aspetto esteriore, occorre che si ribalti la sfiducia che la scienza manifesta nei confronti dell’ignoto e dell’oscuro, consentendo la scoperta delle emozioni di fondo presenti nel nostro immaginario quando considera il mondo non tanto come uno scenario da descrivere, quanto come un misterioso codice di simboli da penetrare e decifrare con lo strumento dell’analogia, la sola in grado di farne affiorare il senso riposto e di ricondurre tutto a quella totalità che la visione ordinaria della vita corrompe e distrugge”.

E continua: “Lo schema scientifico che vincola la natura, l’uomo e l’universo in un tutto coerente, è costruito da un’immensa catena di “coscienza” che la ricerca cosmologica chiama “in-formazione”. Le in-formazioni collegano tutte le cose dell’universo, gli atomi come le galassie, gli organismi e le loro menti a comporre una Grande Danza, la Danza della Vita”.
Si usa qui il termine in-formazione per esprimere la connessione coerente delle relazioni che vincolano sincronicamente tutte le cose dell’universo, dando forma alla coscienza dell’uomo.

Cosa intendiamo per coscienza?

Il limite del definire la coscienza, nel nostro idioma, è la mancanza, a differenza di altre lingue come per esempio nel sanscrito, di avere una pluralità di parole che individuano differenti e precisi stati. Per coscienza si intende in generale il campo entro cui avviene ogni esperienza. La coscienza non si limita alla sola umana. Ogni forma dell’universo ha un proprio stato di coscienza, definita da Maturana e Varela cognizione.

Solo con i vertebrati, nei primati e nell’uomo il sistema nervoso si è così evoluto a tal punto che i nostri modelli interiori della realtà sono diventati così complessi da includere la riflessione sul mondo stesso: nasce la coscienza autoriflessiva. Con la coscienza riflessiva non solo abbiamo esperienza del mondo intorno e dentro di noi, ma anche siamo consapevoli di noi stessi in quel mondo.
L’emergere della coscienza riflessiva è in qualche modo legato allo sviluppo del linguaggio.

Ecco che le scienze cognitive distinguono due tipi di coscienza: la coscienza primaria o nucleare e la coscienza di ordine superiore o riflessiva. La primaria fornisce all’organismo un senso di sé in un dato momento e luogo, senso transitorio di sé condiviso anche da mammiferi, uccelli e vertebrati (Damasio, 1999). La riflessiva parte da un concetto di sé come essere che pensa, che riflette sul suo passato e prevede il futuro, usa il linguaggio e il pensiero astratto, produce immagini mentali, strategie e credenze.

La realtà quindi che ci appare come tale è co-prodotta dalle potenze organizzatrici del nostro cervello; noi non la conosciamo direttamente ma solo attraverso le modificazioni indotte dalle nostre sensazioni, percezioni, emozioni e dal nostro stesso linguaggio, nonché dalle teorie o filosofie della nostra cultura e società.

Possiamo pensare che tutte le forme materiali esistenti altro non siano che stati di coscienza in evoluzione?

Quello che sicuramente possiamo dire è che la coscienza è così antica da essere contemporanea alla vita, anzi incorporata alla vita.

Se l’universo possiamo dire essere un mistero costruito in forma “poetica”, un continuum infinito che si dipana in infinite molteplicità di forme che ci appaiono come finite e temporali, è necessario che l’uomo esplori e si confronti col suo immaginario, con l’ignoto, luogo da cui scaturiscono anche le grandi intuizioni della scienza. Non c’è una realtà in sé ma un’auto-organizzazione dell’universo che produce la sua realtà e questa auto-organizzazione è uno stato di coscienza misterioso, ad un tempo illusorio e reale, come la coscienza stessa dell’uomo (Frigoli, 2022).

Come metterci in contatto con la poeisis dell’universo?

Confrontarci col nostro immaginario e metterlo in relazione al nostro corpo, interrogarsi sulle relazioni uomo e natura, corpo e universo permette di entrare in contatto con ciò che la cosmologia definisce l’ordine olografico delle in-formazioni costruite dalla nostra mente.

Siamo noi esseri umani a produrre in noi stessi le forme che percepiamo, quando la nostra mente e il nostro corpo entrano in risonanza con gli ologrammi presenti nelle forme del mondo naturale, che sono costruite sulla base delle leggi archetipiche e a seconda della nostra capacità di leggere nella struttura delle cose le loro proprietà analogiche diventa possibile alla nostra mente accedere alla conoscenza delle forze archetipiche stesse.(Frigoli, 2022)

Ciò ci è anche confermato dalle neuroscienze quando ci dicono che noi siamo il nostro connettoma, ossia la mappa comprensiva delle connessioni neurali nel cervello, costruita su base relazionale ed esperienziale e che i connettomi si modificano nel corso della vita a seconda delle esperienze e degli accadimenti che per ognuno di noi sono diversi (Seung, 2012). Seguendo tale approccio, potremmo affermare che, se da un punto di vista genetico il genoma definisce la nostra essenza in potenza in quanto normalmente non modificabile, il connettoma estrinseca il pensiero umano nel suo evolversi, in quanto inserito in un contesto che alimenta la persona, definendola attraverso un’omeostasi dinamica all’interno di un quadro sistemico.

Partendo da noi stessi, nel continuo interrogarci profondamente sulla nostra natura umana e ritrovando nel corpo quelle forme in-formate archetipiche che sono proprie anche della natura e dell’universo, possiamo essere testimoni nell’esperienza diretta di questo fluire, mutare continuo in relazione alla natura, al cosmo, all’universo ed essere parte di un tutto.

Abbiamo la possibilità di osservare e partecipare all’avvenire – nel suo senso etimologico “che deve avvenire, accadere” con direzione al futuro – e nell’avvenire ognuno di noi possa essere una possibilità di creare, anzi immaginare mondi possibili, non guidati da un intellettualismo ma dall’intelligenza del cuore, da una visione sistemico-complessa, dalla saggezza incarnata, che è sentire palpitare e vibrare il corpo e l’anima di fronte alla propria storia, alla storia dell’altro, alla storia della natura, alla vita nel suo essere e divenire.

Proprio nel divenire degli ultimi anni in cui lo stadio di coscienza ed esistenza è mutato insieme alla complessità del mondo e viceversa, siamo chiamati a immaginare e co-creare mondi possibili insieme tra di noi recuperando quel profondo legame con la natura e il cosmo che abbiamo visto essere parte fondante di noi e della vita.

Eccoci qui per auto-osservarci, interrogarci, sondare l’immaginario e l’irrazionale, aprirci con stupore e meraviglia a cogliere la bellezza della vita cercando parole per narrarla che siano vicini alla poesia (poiesis), alla reverie di Bachelard, affinchè si possa trovare un linguaggio nuovo, un nuovo stadio di coscienza aperto a cogliere l’evoluzione continua della vita e della coscienza in tutte le forme in-formate in cui si manifesta.

Bibliografia
Bachelard G., La poetica della reverie. Dedalo ed., 2007

Capra F., La rete della vita., BUR, 1996

Capra F e Luisi P.L., Vita e natura, Aboca Ed., 2017

Damasio A , Emozione e coscienza. Adelchi, 1999

Frigoli D., Ecobiopsicologia. Psicosomatica della complessità., M&B, 2004

Frigoli D., Il telaio incantato della vita, 2022

Laszlo E., Olos. Il nuovo mondo della scienza., Riza, 2002

Laszlo E., La scienza e il campo akashiko. URRA, 2010

Maturana H e Varela F., Autopoiesi e cognizione. Marsilio, 2001

Morin E., 2018, Conoscenza, ignoranza, mistero, Cortina Ed.

Morin E. Scienza con coscienza. FrancoAngeli, 1982

Seung S., Connettoma., Codice Ed., 2012