IL FILO DELLA VITA
Avevo da poco espresso il desidero di poter contribuire al Secondo Congresso Nazionale di Ecobiopsicologia. La mia mente cercava ispirazione per ordinare pensiero e contenuti.
Francesco Pelosi, amico, cantautore e sceneggiatore, già relatore con me in Voci del Corpo, casi clinici e musica, al Festival della Complessità nel 2015 per Istituto Aneb, aveva da poco pubblicato un’intervista fumetto a Franco Battiato dal titolo La luce e lo spazio[1], edito Feltrinelli. Comprai il libro la mattina della sua uscita, lo lessi d’un fiato, non solo per l’affetto e la stima che nutro per Francesco, ma anche perché Battiato è il cantautore italiano che maggiormente stimo non solo da un punto di vista musicale, ma soprattutto per la sua grande ricerca interiore e spirituale.
Battiato suggerisce, a Francesco durante l’intervista, due testi per lui fondamentali e di continua consultazione e ispirazione, che egli trova sempre attuali. Li comprai entrambi, ma uno in particolare attirò da subito la mia attenzione: il Kybalion, libro scritto nel 1908 da tre alchimisti americani appartenenti alla tradizione ermetica, cioè di Ermete Trismegisto.
Inizia così il Kybalion: «Tutto è mente. L’Universo è mentale[2]». Lo presi come un segno. Il Kybalion era la sintesi più semplice che avessi mai letto di tutti i miei modesti studi alchemici e in risonanza con il titolo del Congresso “La vita si fa mente”.
Del fumetto intervista, mi colpì però anche un altro passo, ripetuto all’interno del testo in diversi momenti, nelle voci di Franco, di Francesco e di Juri Camisasca. Ritornava ripetutamente il tema della coincidenza. Si ribadiva che essa non esisteva. Per poi concludere con «In genere ho la sensazione di essere portato, quando mi predispongo ad esserlo[3]». Noi, amanti di Jung, parleremmo di sincronicità e non di coincidenza. Quella frase echeggiava in me, c’era qualcosa di più in essa.
Soffermai il mio pensiero su quelle parole, le meditai per giorni, scrivendo qua e là idee e collegamenti che mi sovvenivano, pensieri e immagini.
Se il punto è la predisposizione, il focus è la coscienza!
Quando nasce la coscienza nell’uomo?
Coscienza riflessiva
Anzitutto possiamo dire che la coscienza non è un fenomeno unicamente umano. Secondo il punto di vista dell’universo in-formato e la visione di E. Laszlo, la coscienza è effettivamente presente in tutto l’universo, con qualità diverse. La coscienza si evolve contemporaneamente alla vita.
A livello biologico e cellulare, Maturana e Varela[4] nei loro studi sugli organismi viventi parlano di cognizione. Esistono dunque la cognizione, che sarebbe la coscienza delle forme primarie della vita (unicellulari); la coscienza primaria, i cui processi cognitivi sono accompagnati da un’esperienza percettiva, sensoriale ed emotiva di base, appartenente per esempio a mammiferi, uccelli e altri vertebrati e la coscienza secondaria o riflessiva che include la capacità di usare immagini simboliche, tramite le quali costruire sistemi di valori, credenze e scopi. L’uomo possiede in sé i diversi livelli di conoscenza del mondo.
Si parla dunque di autocoscienza, ossia della capacità di osservare e riflettere su se stessi e il mondo, come coscienza tipicamente umana che ha a che fare con l’esperienza e il vivere.
Quando dunque nasce l’autocoscienza nell’uomo?
Il bambino possiamo dire che all’inizio, alla nascita, è duplice, un grande organo di senso (ricettivo/immedesimativo) estremamente impressionabile. Il bambino è completamente immerso nel Tutto e i suoi organi fino a tre anni affinano la loro forma e struttura proprio attraverso ciò che egli esperisce e con cui si relaziona. Man mano il bambino aumenta la possibilità di movimento e di relazione col Tutto, inizia a parlare e, dapprima, parla di sé come un oggetto, esprimendosi con la terza persona. È però con la conquista della postura verticale e la liberazione della mano, che per la prima volta il bambino, dice «Io» rivolgendosi a se stesso. È in questo momento che si crea l’unità e il confine di sè, come una membrana semipermeabile. Il parlare in terza persona allora sparisce e appare il principio espressivo/volitivo dell’Io.
Il Korper viene ora animato e abbiamo ora il Lieb, così caro alla psicosomatica e all’approccio fenomenologico. Il bambino riconosce il suo corpo e le sensazioni che da esso provengono come proprie, passa dall’avere un corpo all’essere un corpo.
Inizia l’esperienza autoriflessiva del bambino che, in quanto duplice, è sia parte del Tutto sia inizia a percepirsi come essere separato dal Tutto.
Nasce così la coscienza riflessiva che cresce al crescere dell’individuo fino a stabilizzarsi in un Io, un’identità, pur sempre soggetta, ma in diversa misura all’esterno.
Fin dai primi momenti di vita esiste dunque un ambito che rimane intoccato, affinchè l’essere umano possa riconoscere se stesso nelle diverse fasi dello sviluppo.
Connettoma, coscienza, biografia
Sebastian Seung (2012) ci parla di connettoma, indicando con questo termine la rete di relazioni ed esperienze che formano la nostra mappa di rete neurale: «Noi siamo il nostro connettoma, ossia la mappa comprensiva delle connessioni neurali nel cervello, costruita su base relazionale ed esperienziale e i connettomi si modificano nel corso della vita a seconda delle esperienze e degli accadimenti che per ognuno di noi sono diversi»
Seung (2012) utilizza una metafora potentissima per descrivere il rapporto esperienza-relazione-mappa neurale: «Ogni fiume ha un letto, e senza questo solco nella terra l’acqua non saprebbe in quale direzione scorrere. Ecco, dal momento che il connettoma definisce le vie di scorrimento dell’attività neurale, possiamo considerarlo il letto del fiume della coscienza. Nel lungo periodo, come l’acqua del fiume plasma lentamente il letto, così l’attività neurale cambia il connettoma».
La conoscenza del connettoma ha a che fare inoltre con la nostra unicità. La nostra unicità come diversa partecipazione all’universo stesso. Ogni esperienza e relazione contribuisce a modificare il corso del fiume e il suo letto.
«Ogni uomo è una specie a sé[5]», direbbe Rudolf Steiner, che oggi trova conferma negli studi di biologia e neuroscienze, in quanto oggi sappiamo che la coscienza animale è una coscienza gruppale per specie, appunto, mentre l’uomo è l’unico dotato di coscienza individuale e codice genetico unico e mappa neurale unica.
Il filo della vita
Il filo della vita è allora immagine-simbolo per descrivere il senso della nostra esperienza biografica di vita, unica, inserita nel processo archetipico della vita stessa. Esperendo nel mondo la nostra esistenza partecipiamo alla stesura del libro della vita: scriviamo vita attraverso la nostra esperienza di vita e autocoscienza di noi e della vita in noi in rapporto al mondo.
Il filo della vita è immagine per parlare dell’origine della coscienza che si perpetua ad ogni nascita umana. In cui l’ontogenesi ricapitola la filogenesi. È metafora di uno sviluppo che nell’unicità rivela il Tutto. Il corpo è mandala dell’Universo di cui l’Io, la nostra coscienza riflessiva, può prendere atto e con il quale può dialogare attivamente, aprendosi all’imaginatio.
«La nostra consapevolezza è la chiave per comprendere e compiere la nostra missione umana e per realizzare l’avvenire del nostro «essere al mondo». Se la struttura inconscia del nostro corpo ci rende appartenenti al campo delle in-formazioni dell’universo, la nostra mente è molto più estesa nelle sue potenzialità: essa può aprirsi a immaginare, comprendere e sperimentare il Cosmo a livelli ben al di là della nostra coscienza ordinaria[6]». D. Frigoli
Il filo della vita ci disvela che la Coscienza stessa è il filo.
«La coscienza è così antica da essere contemporanea alla vita, anzi incorporata nella vita[7]». D. Frigoli
Battiato nel fumetto intervista di Pelosi-Raimondi ci dice: «L’episodio biografico è però solo il primo passo verso riflessioni spirituali, metafisiche. »[8]” Aprendo a noi una ulteriore riflessione sul senso e significato di biografia e come partire da se stessi sia proprio l’inizio.
Biografia[9]
Il tema della biografia, dal greco bio vita e graphos scrittura, riguarda ognuno di noi. Non si tratta solo di un interesse per la propria vita, per il proprio destino, ma anche di un desiderio di comprendere le forme sorprendenti e diverse attraverso le quali si dispiega la vita degli altri, dell’Universo. La conoscenza di sé e la conoscenza del mondo sono, come dicevamo, interconnesse in maniera intrinseca e imprescindibile.
La nostra bio-grafia contiene in sè, psicosomaticamente parlando, la biografia delle piante, degli animali, dei minerali, la biografia della Terra e dell’Universo, racconta e svela quel profondo e inscindibile legame tra microcosmo e macrocosmo, disegnata dalla continuità dei ritmi e dei rapporti analogici. L’ontogenesi ricapitola la filogenesi, nominando nuovamente Ernst Haeckel, ad aprire domande e riflessioni sul nostro sviluppo e il parallelismo con lo sviluppo filogenetico della vita.
Ogni biografia è un fatto personale e collettivo, un fatto sociale. In ogni biografia personale possiamo vedere l’intreccio, l’entanglement della vita e vedere come il nostro divenire è direttamente intrecciato e interdipendente al divenire degli Altri, del Mondo, della Natura. Frigoli lo chiama principio di totalità relazionale uomo-psiche-universo, uno dei principi cardine dell’Ecobiopsicologia.
Ecco che la biografia diventa la narrazione per eccellenza in cui ognuno di noi, partendo da se stesso può vedere tutte queste interconnessioni e come queste abbiano contribuito a renderlo ciò che è nel tempo e come partendo da sé possa aprirsi al metafisico, all’Universo.
Movimenti di vita: crisi e nascita della domanda di senso
L’evento di disagio, di rottura, di malattia a un certo punto compare nella vita dell’uomo e con essi, dopo l’iniziale smarrimento, emergono le domande esistenziali: Chi sono io? Qual è il mio compito? Perché proprio a me? Perché mi è capitato questo?
Il fatto di essere in difficoltà costituisce un’interruzione della biografia come se fosse un evento insensato che mi sovrasta.
Nei momenti di crisi (= dal lat. crisis, gr. κρίσις «scelta, decisione»), la mente perde lo sguardo di continuità sul suo divenire, ma nulla in realtà si spezza o si ferma, tutto è sempre e comunque in movimento.
La mente si trova dunque di fronte a una scelta: integrare ciò che sta accadendo come avente un significato nella sua esistenza per poter proseguire nel flusso della vita.
Alla crisi segue una domanda di senso.
E un movimento di ricerca di un nuovo equilibrio che passa dall’integrare e accettare l’evento accaduto.
Come? L’Io è costretto a dover passare da un pensiero lineare e razionale a un pensiero sistemico-complesso e analogico-simbolico, un pensiero Ecobiopsicologico.
Il Telaio
Ispirata dall’immagine che Diego Frigoli ci regala nel suo ultimo libro Il telaio incantato della creazione, prendo tra le mie mani un telaio e, come sono solita fare, cerco di fare esperienza di quel movimento di tessitura e di quell’immagine-simbolo, strumento antico e carico di significato.
Faccio esperienza del tessere, esperienza della costruzione del telaio, del riporre l’ordito dal basso all’alto e dall’alto al basso, esperienza della spola che ondeggia con moto sinusoidale tra l’ordito, che via via sparisce nell’avvicendarsi del filo che si accosta, dando vita a forme, colori. Sparisce l’ordito nel viaggio di costruzione della trama. Rimane la trama sostenuta dall’ordito nel suo dispiegarsi nello spazio-tempo.
Guardo il telaio nella sua forma rettangolare, con le sue tre dimensioni ben chiare e mi viene in mente di averne un altro in casa, che usavo da bambina. Lo prendo e risperimento di nuovo lo strumento. È rotondo. Predispongo l’ordito e nel movimento circolare che non ha più una direzione orientata da punti cardinali, vivo quel movimento circolare come orbite che vanno a unire punti opposti, equidistanti della circonferenza del telaio. I punti opposti sembrano toccarsi tutti al centro e con stupore guardo il centro: è vuoto. I raggi dell’ordito, polari, danno vita a un centro che è vuoto. Comprendo di essere di fronte a un simbolo.
«Il simbolo non è un concetto, non è un senso nascosto, ma è un’azione della mente che compone gli opposti secondo la legge della misura e della coerenza delle forme esaminate.» Diego Frigoli
Immagine visibile alla pagina https://www.francescavioli.it/2024/09/30/il-filo-della-vita-il-telaio/
Mi sovviene alla mente il Campo A o Campo di Punto Zero o Campo di “vuoto” quantistico di Laszlo, poi Giordano Bruno «L’universo è tutto centro e tutto circonferenza[10]». Mi fermo, fermo la mente e semplicemente contemplo quel simbolo tra le mie mani.
Il filo della vita e narrazione
L’essere umano è l’unico dunque dotato di coscienza riflessiva, linguaggio, pensiero e immaginazione. Nel prendere atto di un Universo in continuo movimento, l’esperienza, l’osservazione, la domanda, la narrazione e l’immaginazione sono gli strumenti a nostra disposizione per partecipare ad esso.
«Attraverso la vita si deve arrivare alla narrazione[11]» Luigi Zoja
Questa citazione di Zoja, psicoanalista e sociologo italiano, a mio avviso sintetizza pienamente come la narrazione sia frutto della vita stessa.
Lo conferma pure Stern, nei suoi studi psicologici, quando definisce il Sé narrativo come passaggio finale dello sviluppo del Sé, che pone le basi al senso di sé nel bambino e nel futuro adulto.
Quale visione e narrazione dunque il nostro Io deve acquisire per contemplare se stesso e il mondo come un simbolo?
Una narrazione e una visione che da lineare diventi circolare, permettendo di ridisegnare il mandala individuale e collettivo della persona e cogliere il mandala dell’Universo.
Una narrazione che non modifica gli eventi ma lo sguardo con cui essi sono visti e vissuti. Una narrazione che pone le basi nell’immaginazione. Immaginazione che non è fantasia , ma Vera Imaginatio, Coscienza Aurorale per dirla con Bachelard, Intelligenza del Cuore per dirla con Corbin.
Una narrazione che crei nuovi sguardi nel rispetto del legame corpo-immagini mentali e del legame uomo-natura, come solo l’uso dell’analogia e del simbolo sanno dare.
Una narrazione che fisiologicamente abbia le sue radici nel simbolico, così come ci insegna anche Piaget. Una narrazione, un pensiero e una visione che riescano a tenere insieme conscio, inconscio e immaginario.
Se dunque il punto è la predisposizione, il focus è sì la coscienza, ma anche il Cuore: l’Intelligenza del Cuore, la capacità immaginativa.
Psicoterapia Ecobiopsicologica
Dicevamo che la paura e l’insicurezza dello stato di crisi chiudono il campo visivo e lo restringono, la mente si fissa sull’evento senza vedere altro, il pensiero non è più creativo ma ripetitivo, chiuso in se stesso.
Lo psicoterapeuta Ecobiopsicologico con la sua visione olografica e panoramica dell’esistenza umana, ponendo in costante relazione i fenomeni delle Natura della mente e del corpo, crea quello spazio tempo in cui ritrovare «la luce e lo spazio» attraverso l’uso dell’analogia e del simbolo.
Allora gli eventi sincronici, così come i sogni e le immagini che nascono nel campo intersoggettivo terapeutico possono entrare come simboli a modificare lo sguardo dell’Io smarrito e in difficoltà, chiuso in se stesso.
Permettendo di vedere che non vi è alcuno strappo ma la possibilità di vedere e andare oltre con sguardo aperto e panoramico a cogliere ciò che vi è… a riporre il nostro Io al servizio della vita, del Sé, del Sè Psicosomatico.
E allora cambia la nostra predisposizione agli eventi, gli eventi accadono, e partecipiamo al loro accadere con sguardo nuovo e nuova presenza, partecipiamo alla vita stessa nel dialogo con le immagini mentali, nel dialogo conscio-inconscio e immaginario.
Nel Kybalion, si parla di Trasmutazione mentale[12], intendendo dal verbo Trasmutare dal lat. transmutare, comp. di trans- «trans-» oltre e e mutare «cambiare»], Trasformare, mutare in altra forma, in altro aspetto. Trasmutazione come variazione di polarità, non di categoria, variazione di polarità nella medesima categoria. (es. paura-coraggio, luce-buio, etc…), come variazione di stato.
Nella psicoterapia Ecobiopsicologica, potremmo dire, accade una trasmutazione mentale.
La continua ricerca delle relazioni tra corpo immagini mentali e natura universo, crea quel campo di autocoscienza in grado di tenere insieme il senso della vita e crea un centro “vuoto” in accordo con le leggi del Tutto, in grado di tollerare il continuo movimento e mutamento della vita, senza perdere i confini dell’io, ed entrando in relazione con l’immaginario, base affinchè l’Io possa essere al servizio del Sé psicosomatico.
L’universo è mentale
Il Kybalion a tal proposito apre un’ulteriore riflessione sulla relazione tra l’Uomo e il Tutto e si chiede: come crea l’uomo e come crea il Tutto?
Innanzitutto, in quale modo l’uomo crea sul proprio piano dell’esistenza? In tre modalità: crea realizzando forme da materie esterne; riproduce la sua specie con un processo di generazione; «può produrre mentalmente […] in tal modo raggiunge la creazione mentale senza ricorrere alla riproduzione e senza usare materiali esterni. [13]»
E il Tutto? «Il Tutto crea l’universo mentalmente mediante un processo analogo a quello usato dall’uomo per creare le immagini mentali”. […] Il processo usato dal Tutto nella creazione degli universi è in fondo simile a quello con cui noi, mentalmente ci creiamo un mondo nuovo. La differenza è che il nostro è la creazione di una mente finita, l’altro è il prodotto di una mente infinita, superiore; se sono simili nella specie differiscono infinitamente per grado[14]».
«Nella sua mente infinita il Tutto crea infiniti universi che esistono per tempi diversi, nell’ordine di eoni. Ma per il Tutto, creazione, sviluppo, regresso e morte di un miliardo di universi, non hanno durata maggiore di un battito di ciglia[15]»
Oggi, leggendo Federico Faggin Oltre l’invisibile troviamo ulteriori conferme nella fisica sul tema della coscienza che va nella direzione di ciò che già Ervin Laszlo aveva teorizzato con Campo A e che Frigoli nel Telaio incantato della creazione cerca di sviluppare in campo psicoterapeutico e psicologico.
Ecco allora divenire fondamentale lo studio dell’autocoscienza per poter incontrare e intravedere la Coscienza dell’Universo. E così Frigoli ridefinisce la nostra esistenza alla luce della fisica, della nostra unicità e complessità, con questo spunto.
«L’universo esiste in una forma ordinata perché è l’osservatore che gliela conferisce con le sue osservazioni; anche il più geniale allievo di Wheeler, Richard Feynman, amava a sua volta dire, riprendendo le riflessioni di Wheeler, che l’universo è fatto di «molti cammini e molte storie». La realtà, secondo la cosmologia e la fisica, dunque, è quella che decidiamo di vedere dopo averla costruita.» Frigoli D[16].
Richard Feynman, coi suoi integrali sui cammini, ha riformulato la meccanica quantistica in termini diversi rispetto alla Scuola di Copenaghen. Con questi integrali ha riformulato l’elettrodinamica e vinto il premio Nobel. Quei cammini calcolano delle probabilità che sono la realtà ultima della materia a livello microscopico. In altre parole, la materia è fatta di onde di probabilità. Quando osserviamo un fenomeno obblighiamo la materia ad interagire con noi ed essa ci mostra una delle sue probabilità. Come quando lanciamo un dado. La realtà è fatta dalla nostra (del rivelatore/osservatore/coscienza) interazione con il campo della particella. In termini di Feynman, essa ha scelto uno dei tanti cammini possibili. Facilmente uno dei più probabili. Con questo cammino, si rivela, celando al contempo in sé, una realtà più complessa. Questa frase, sembra raccontare che la realtà è ciò che vogliamo/possiamo vedere. Sembra quasi che parli di una proiezione. Ed in effetti è anche così. Peccato che se ci fermassimo a questo, perderemmo per strada che l’integrale sui cammini corrisponde a quella che noi psicoterapeuti chiamiamo anamnesi ed è pertanto il frutto della storia del paziente, dei suoi genitori, della sua cultura, del luogo e del tempo in cui è nato e vissuto. È questo che si intende con “costruita”. Si parla di una interazione di campo, che è ciò che fa una spola quando crea la trama tra l’ordito, generando un tessuto.
Alice: dalla biografia al mandala, dalla scrittura all’immagine di Sè
«Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o un disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro[17]» Hillman
Alice, ha 37 anni, quando arriva in terapia con un elenco cronologico puntato, dettagliato dei suoi eventi dalla nascita ad oggi e un tema astrale.
Non sarà argomento di questa sezione la vita di Alice, di cui potete trovare un piccolo approfondimento in Tessuti. Essere forma nel tempo. In Materia Prima di Dicembre 2023[18].
Ciò che vorrei raccontare in questo piccolo testo è il processo dell’accadere degli incontri di terapia. Raccontare il processo terapeutico in cui conscio, inconscio e immaginario dialogano nello campo intrapsichico di terapia Ecobiopsicologico.
Alice prende il quaderno e legge in ordine cronologico i punti della sua biografia. Le parole scelte, gli eventi selezionati, ci parlano di lei, del suo momento attuale, dello sguardo con cui si guarda, del filo rosso che è sotteso al suo raccontare, della domanda profonda che custodisce in sé.
Durante la lettura il terapeuta è prima di tutto testimone, che dà ragion d’essere al narratore che dipana nel racconto della sua storia, poi è colui che fa domande, che interroga, rimanda sensazioni e immagini, propone riflessioni che vanno a inserirsi nella trama. Il terapeuta è colui che può “vedere il paziente nella sua totalità simbolica e mandalica”, totalità negata allo sguardo di chi momentaneamente si trova nella sofferenza e nel disagio, totalità che va via via delinenandosi durante i primi incontri.
Lo sguardo del terapeuta Ecobiopsicologico, coglie e traduce i simboli e le immagini che si creano nel campo intersoggettivo e che accompagnano la relazione terapeutica. Il terapeuta Ecobiopsicologico pone domande, mette in luce espressioni che il paziente utilizza parlando di alcuni fatti, usa il controtransfert come elemento importante ai fini dell’esplorazione dell’inconscio da parte del paziente.
Durante il percorso, a un certo punto spontaneamente Alice sente il bisogno di usare l’acquerello e mettere dopo ogni nostra seduta, su carta e in acqua le sue emozioni, lasciando libera la mano di imprimere sul foglio immagini e sensazioni in colore, forme di sé.
Così quei punti scritti, ampliati dalle domande e immagini intersoggettive, sotto l’ascolto e la mente attenta del terapeuta, prendono vita in una trama e un intreccio: l’elenco come uno scheletro riprende polpa e vita nelle delicate forme dell’acquerello.
Quel quaderno inizialmente fatto di punti elencati diventa una raccolta di disegni e la narrazione della nuova esperienza si intreccia ai fatti biografici narrati, ricostituendo una nuova forma rispetto all’iniziale e un nuovo sguardo ad Alice per potersi vedere.
Scrittura – narrazione in parola – ampliamento della scrittura – creazione spontanea di immagini ad acquerello, immagine non definite, guizzi di colore fluido che lascia intravedere sfere, fiamme, movimenti di darsi forma – il tema astrale, lì, come un telaio circolare, come nuovo sguardo attraverso cui riscoprire la totalità e l’immagine mandalica di sé.
Il tema astrale infatti era realmente lì, tra noi, semplicemente in bella vista tra di noi, come guida silente in ogni seduta, ci ispirava e regalava rotondità, circolarità, ampliamento e nuove visioni. L’astrologia ha a che fare col Tempo.
L’immagine di sé viene ritessuta nello sguardo nuovo di Alice, che passa da un telaio rettangolare a un telaio rotondo, attraverso il simbolo dello Zodiaco.
È così che durante il percorso terapeutico le informazioni frammentate o eccessivamente strutturate portate dal paziente si trasformano in romanzo, in cui è il dialogo interno fluido e morbido che tra conscio-inconscio e immaginario che si crea nel paziente a restituire alla propria vita, la totalità che le appartiene e con essa una nuova lente per sé e per il mondo.
Lo sguardo olografico del terapeuta Ecobiopsicologico aiuta la trasformazione di visione e la trasmutazione mentale, grazie alla complicità, direbbe Vittorio Gallese (2024), dei neuroni mirror che confermano neurofisiologicamente come il nostro essere sia relazionale e come ogni nuova esperienza relazionale contribuisce alla costruzione di noi stessi.
A proposito del processo terapeutico e delle immagini con cui il terapeuta si trova a confrontarsi durante il percorso, Diego Frigoli puntualizza la diversità dei tipi di immagini che si creano nel campo intersoggettivo terapeutico e parla di Immagini Percepite, riferendosi a quelle immagini costituite dai dati biografici, parla di Immagini Create che sarebbero quelle rappresentate dalle amplificazioni della biografia del paziente nella mente del terapeuta e infine parla di Immagini Immaginate, che sono le qualità sottili dell’anima del terapeuta che hanno trasformato la storia clinica in romanzo personale.
Conclusione
Concludo, per tornare al Filo della vita, alla scintilla che è in ognuno di noi e si chiama Vita con queste tre citazioni, che possano suscitare in voi movimenti interiori, bisbigli, mormorii, desideri di approfondire l’autocoscienza e la Coscienza, perché Vivere potremmo dire è Conoscere.
«Quando la Vita diviene la prima e la maggiore delle Arti, tutte le altre non sono che una introduzione meno nobile, e anche la Scienza se vuole penetrare l’intima essenza delle cose deve essere in grado di suggerire emozioni e stati di animo, […] deve diventare un Arte poetica, perché la Vita è soprattutto musica, in cui armonicamente si fondono le leggi matematiche del suono e le impressioni indefinite dell’anima[19].» Diego Frigoli
«E’ la vita stessa che è un percorso che lo si voglia o no[20]» Juri Camisasca
«La narrazione della propria storia è «tessuto» in cui si intrecciano trama e ordito. È «tessuto» come participio passato di tessere, di una forza vitale che dà forma alla materia.
Sutratman, il Filo della Vita[21]». FV
Bibliografia
AA.VV. (2010) Il Kybalion. Roma: Venexia.
AA.VV. (2023) Narrare humanum est. Milano: UTET
Aczel, A.V. (2004). Entanglement. Il più grande mistero della fisica. Milano: Cortina.
Biava, P.M., Frigoli, D., Laszlo, E. (2014). Dal segno al simbolo. Il Manifesto della Nuovo Paradigma in Medicina. Bologna: Persiani.
Bion W. R., (1998). Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando Ed.
Demetrio D., (1996). Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé. Milano: Cortina Ed.
Demetrio D., Termino N., (2022). Autobiografie dell’inconscio. Sesto S. Giovanni: Mimesis Ed.
Dolci D. (1974). Poema umano. Torino: Einaudi
Faggin F. (2024), Oltre l’invisibile. Milano: Mondadori (Ebook)
Frigoli, D. (2013). La fisica dell’anima. Bologna: Persiani.
Frigoli, D. (2016). Il linguaggio dell’anima. Roma: Magi.
Frigoli, D., (2016). Il linguaggio dell’anima. Fondamenti di Ecobiopsicologia. Milano: MAGI.
Frigoli, D., (2017). L’Alchimia dell’anima. Milano: MAGI.
Frigoli, D., (2019). I sogni dell’anima e miti del corpo. Milano: MAGI.
Frigoli, D., (2022). Il telaio incantato della creazione. Milano: Indipendently published
Frigoli, D. (2024), Il telaio incantato della creazione. Milano: Mimesis.
Gallese V. e Morelli U. (2024), Cosa significa essere umani? Milano: Raffaello Cortina Ed.
Hillman J. (1996), Il codice dell’anima, Milano: Adelphi
Jung C. G., (1997). Opere vol.15. Psicoanalisi e psicologia analitica. Roma: Bollati Boringhieri
König K., (2011). Eterna Infanzia. Concepimento, Gravidanza, Nascita, Torino: Aedel Ed.
Laszlo E., (2010). La scienza e il campo akashico. Milano: URRA, La Feltrinelli.
Levine P. A. (2014). Somatic experiencing. Esperienze somatiche nella risoluzione del trauma. Roma: Astrolabio Ubaldini
Maturana H e Varela F., (2001). Autopoiesi e cognizione. Venezia: Marsilio
Morin, E., (2007), Le vie della complessità. in Bocchi G.L., Ceruti, L., (a cura di), La sfida della complessità. Milano: Feltrinelli.
Morin, E., (1988). Scienza con coscienza. Milano: FrancoAngeli.
O’Neil G. e G., Lowndes F., (2016). Il cammino della vita. Leggere nella propria biografia. Torino: Aedel Ed.
Pelosi F. e Raimondi C. (2023) La luce e lo spazio. Milano: Feltrinelli Comics
Seung S., (2012). Connettoma., Torino: Codice Ed.
Steiner R., (2018). Le Basi Conoscitive e i Frutti dell’Antroposofia. Milano: Antroposofica Ed.
Steiner R., Teosofia., Milano: Ed. Antroposofica Milano, 2005, P.54
Stern D. N., (1987). Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Bollati Boringhieri.
Violi, F., (2023) Tessuti. Essere forma nel tempo. in Materia Prima. Rivista di Psicosomatica Ecobiopsicologica, n. XXIII, Anno XIII.
Zoja, (2023), Il racconto, raccontato da uno psicoanalista. in AAVV, Narrare humanum est. Milano: UTET.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!